Carlo era stato un brillante studente per tutto il periodo delle scuole superiori.
La sua capacità di apprendimento era grande ed il suo profitto scolastico era stato sempre eccellente, senza eccezioni. Giunto all’ Università avrebbe dovuto continuare su questa strada ed invece le cose non andavano molto bene.
Il primo anno di Università, tranne che per qualche materia complementare, i suoi voti erano poco sopra la sufficienza e non era riuscito a completare tutti gli esami. Era ormai terminato il primo semestre del secondo anno e le cose, se possibile, erano andate ancora peggio del primo anno: Carlo era molto indietro con gli esami ed era molto scoraggiato e cominciava a credere di essere uno studente mediocre. Si rivolse a me, perché io avevo avuto dei rapporti lavorativi con il padre, che mi aveva chiesto se potevo dare una mano al figlio, visto che in quel periodo mi occupavo anche di formazione del personale. Accettai di parlare con Carlo.
Il colloquio fu per me illuminante: mi trovavo davanti ad un giovane uomo estremamente intelligente. Come era possibile che il suo rendimento scolastico fosse così scarso ? Lo incontrai ancora una volta e cercai di capire come fosse la sua giornata di studio.
Parlammo per un paio di ore. Alle fine di quel colloquio avevo capito. Carlo era un perfezionista e aveva l’ambizione di fare tutto in modo assolutamente impeccabile. Non solo, negli anni delle scuole superiori, visti i suoi brillanti risultati, aveva pensato che l’Università sarebbe stata la sua definitiva consacrazione di studente brillante e di successo, quindi quando le cose non andarono così la delusione per lui fù cocente.
Il problema di Carlo era proprio questo suo perfezionismo nello studio.
Mi spiego: la vastità delle argomentazioni trattate all’Univarsità rendevano impossibile una preparazione perfetta di ogni argomento del programma, nel tempo necessariamente limitato degli anni accademici. Doveva quindi fare delle scelte capendo, durante le lezioni, cosa era più importante e doveva essere studiato in modo profondo e quello che era secondario e che doveva essere studiato, in modo accurato, ma più superficiale.
In sostanza Carlo doveva preparare non solo la materia, oggetto di studio, ma anche l’esame.
Ciò era per lui qualcosa di totalmente nuovo. Incontrai Carlo più volte e facemmo una sorta di programma per prepararsi agli esami e per capire quali erano gli argomenti importanti e quali erano gli argomenti secondari della materia che stava studiando. Dopo pochissimi incontri Carlo divenne autonomo in questo lavoro di scelta. Già nel secondo semestre dell’anno le cose andarono molto meglio.Carlo riuscì a recuperare gli esami che non aveva fatto nel primo semestre e la media dei suoi voti aumentò decisamente.
Questo caso ci illustra chiaramente come le abitudini mentali sono radicate in noi. Tuttavia quando la nostra vita cambia le vecchie abitudini consolidate possono trasformarsi nel motivo per cui non riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi di vita.
Il problema è che le abitudini sono qualcosa di automatico e consolidato e cambiarle è molto difficile. Per cambiare bisogna avere un quadro più ampio di ciò che ci succede e spesso è difficile ampliare la prospettiva di quello che ci accade. Bisogna avere la capacità di fermarsi un “attimo” e osservare cosa accade sia dentro che fuori di noi.
N.B. = Il caso indicato è vero ed è un caso in cui ho potuto efficacemente aiutare una persona che ha poi risolto definitivamente il problema, tuttavia, per motivi di riservatezza, luoghi e nomi sono stati modificati in modo da non essere identificabile la persona.